Ovvero come arricchirsi con scambi
commerciali girando il mondo, schiavizzando e/o sterminando selvaggi,
inculcando a forza cristianesimo ipocrita a destra e a manca e
bruciando idoli pagani.
Ripetitivo, autocelebrativo e noioso,
scritto forse sull'onda del successo de "La vita e le
straordinarie, sorprendenti avventure di Robinson Crusoe" per
battere il più possibile il ferro finchè caldo.
Il libro inizia con la frase : “il
lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Infatti il nostro Robinson,
dopo 35 anni di sballottamento da una parte all'altra dell' Atlantico, un inaspettato ritorno alla sua Inghilterra, un felice
sposalizio, 3 figli, una stabilità economica e la morte di sua
moglie, nel 1694 riparte con suo nipote alla volta della sua isola.
Sentendosi il padrone dell'isola, compra tutta una serie di attrezzi
da lavoro, armi, stoffe, animali da fattoria, letti e altri oggetti
utili e difficilmente fabbricabili con i materiali disponibili
sull'isola da regalare ai suoi sudditi. Inoltre vi trasporta un
tuttofare, un fabbro, un carpentiere, un prete e altre persone
raccatta-salvate da una nave in fiamme avvistata durante il tragitto.
Arrivato all'isola trova il suo comitato d'accoglienza che gli fa un
lungo lungo lungo e lungo resoconto riguardo la vita degli abitanti e
i loro dissapori nel lasso di tempo in cui Robinson è tornato e si è
stabilito in Inghilterra. Da qui iniziano gli sproloqui religiosi.
Robinson, non contento di essere il padrone dell'isola e di tanta
riconoscenza da parte dei suoi sudditi iniza a cristianizzare a
manetta tutti. Marinai, manigoldi, selvaggi selvagge... tutto ciò
che gli capita a tiro!
Comunque dopo 25 giorni di resoconti,
conversioni, lotte, dispetti, scorribande e matrimoni interculturali,
Robinson, suo nipote e Venerdì riprendono il mare verso il Brasile.
Circondati da pericolosissimi selvaggi in canoa, subiscono diverse
perdite tra cui Venerdì. Ripartono verso Capo di Buona Speranza, poi
brevi scambi commerciali con l'infida gente del Madagascar. Qui uno
degli uomini della ciurma viola la civile convivenza e stupra una
ragazza della tribù senza che nessun altro marinaio intervenga.
Nottetempo allora la tribù offesa arriva in spiaggia dove sono
accampati gli uomini della ciurma di Robinson e attacca il campo
rapendo l'uomo responsabile dello stupro. Altri tre o quattro marinai
allora si infiltrano di notte nel villaggio e, trovando ormai morto
il loro compare, iniziano a mettere a ferro e a fuoco uomini, donne e
bambini e danno fuoco all'intero villaggio. Robinson, accortosi dei
tafferugli, si avvicina al villaggio per cercare di calmare gli
animi, ma, giunto sul posto, non riesce a far altro se non una blanda
ramanzina ai responsabili, cosa che comunque gli costerà
l'ammutinamento della ciurma. Alla fine per permettere al nipote di
continuare il loro viaggio commerciale si fa lasciare in un'isola nel
Golfo del Bengala. Da qui attraverso l'isola di Sumatra, il Siam fino
al Suskan conclude diverse vendite profique per poi tornare al Golfo
del Bengala. Qui Robinson e socio si fanno fregare comprando da un
paio di marinai ammutinati la nave rubata al loro capitano e si
ritrovano in men che non si dica la marina inglese, spagnola e
olandese alle calcagna. Quindi decidono di dirigersi verso la Cina
fermandosi per scambi e riparazioni nel golfo del Siam rischiando di
venir derubati di merci e nave. Battaglia a gavettonate di pece,
resina e olio bollente e poi via di corsa verso il golfo di Nanchino
e da qui al porto di Chinkiang per vendere la nave incriminante.
Viaggio a piedi per tornare verso casa criticando ogni singolo
aspetto dell'incivile, orgogliosa, zozzona, ignorante e altezzosa
popolazione cinese e sfuggendo ai pericolosi tartari (dipinti come un
popolo mal armato, bellicoso e un po' stupido).
Tra le città di Argun e Nertsinnskoi
trovano degli eretici pagani adoratori di un idolo di legno perciò,
per invogliarli a non seguire più il demonio sotto mentite spoglie
di un idolo pagano, nottetempo, Robinson e altri allegri cristiani
compagnoni assalgono i pagani, li legano, imbottiscono l'idolo di
polvere da sparo e lo detonano. Amen. Dopo questa allegra bravata,
in stile arancia meccanica, tornano gnorregiando alla compagnia,
belli allegri per continuare il viaggio se non chè le tribù che
veneravano l'idolo giungono per reclamare giustizia. Qui vengono
sviate da un sordido sotterfugio lasciando libera la fuga ai
“portatori della vera fede nel mondo” verso l'occidente. Cavalca
cavalca arrivano a Tobolsk, capitale della Siberia dove si fermano
in compagnia di gentiluomini della corte Russa esiliati. Qui
conoscono appunto un esiliato che, riscoperte le gioie di una vita
tranquilla, non tornerebbe per nessun motivo ai trighi e alle
responsabilità corrompenti della corte Russa. Il gentiluomo dai
saldi valori chiede la gentilezza a Robinson di espatriare
illegamente suo figlio in Europa. Robinson tutto contento accetta di
buon grado e lo smollerà poi ad Amburgo.
Ennesimo incontro/scontro con
popolazioni barbare/tartare, fuga provvidenziale, arrivo in
Kermazinskoi e da qui cavalcata fino ad Arcangelo. Tappa ad Amburgo,
poi via terra all'Aia e poi via nave fino Londra e, dopo un'assenza
di 10 anni e nove mesi, il 10/1/1705 finalmente Robinson torna nella
sua civile, conformista e tranquillissima Inghilterra per passarci
(si spera!) il resto della sua vita senza più infastidire tutte le
popolazioni che incontra.
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